Foto di Manuela Fabbri

mercoledì 22 luglio 2009

ADELE CAMBRIA --- OLIMPIA MAIDALCHINI PAMPHILJ - COGNATA DI INNOCENZO X°

Olimpia Pamphilj, è probabilmente, l'unico fantasma romano - essendo Roma da sempre, città troppo scettica e solare per inventare fantasmi - ma è certamente l'unico fantasma femminile che la leggenda popolare abbia installato, solidamente, nel cuore della città eterna.

Si racconta infatti che Olimpia, cognata di Papa Innocenzo X° (Gianbattista Pamphilj), allo scoccare della mezzanotte esca, ancora oggi, chiusa in una sepolcrale carrozza nera, dal suo palazzo in Piazza Navona e si diriga a gran velocità a ponte Sisto, sul Tevere sempre stringendo con cupidigia tra le robuste braccia matronali le due casse colme di monete d'oro che sottrasse, ingorda, al Papa moribondo.

Ma, arrivata la carrozza sul ponte, i neri cavalli si imbizzarriscono e precipitano nel fiume la donna più potente e più celebre della Roma secentesca. Fare i conti, ora, negli anni del post-femminismo,delle donne in carriera, della " teoria della differenza sessuale ", con un personaggio come quello di donna Olimpia Maidalchini, cognata di Papa Innocenzo X° e sua intima consigliera (oltre che unica erede), risulta piuttosto imbarazzante.

Fu, senza dubbio la padrona di Roma negli anni del Pontificato di Innocenzo X°, di cui aveva sposato in seconde nozze, il fratello: l'anonimo Pamphiljo Pamphilj, un Nobile già vecchiotto all'epoca del suo matrimonio con la provinciale signora, Olimpia era nata a Viterbo nel 1594), ma che ebbe il merito di introdurre nell'alta società romana questa creatura di una vitalità prepotente, con uno straordinario senso degli affari e delle clientele e, in più, provvista di un sicuro intuito e gusto per le belle arti, il lusso, lo sfarzo.

Fu lei a estromettere da Piazza Navona i fruttaroli che l'ingombravano di vividi colori, ma anche di bucce e immondizie e che s'accamparono quindi a Campo dei Fiori; fu lei a suggerire ad Innocenze X°, di affidare l'abbellimento della casa dei Pamphily affacciata su quella piazza, a Gerolamo Rainaldi, e così nacque, tra il 1644 e il 1650, in pochi anni, lo splendido Palazzo che oggi appartiene all'Ambasciata del Brasile.

Anche la chiesa di S.Agnese, così voluttuosamente, sinuosamente "abbracciata", a Palazzo Pamphily, è opera dello stesso architetto, che era entrato nelle grazie di Olimpia.

E ancora, la mirabolante Fontana dei Fiumi, il Bernini potè realizzarla soltanto perché aveva avuto l'accortezza di regalare alla cognata di Innocenzo X° un prezioso modellino d'argento che ne prefigurava le forme.

Il Papa, nella sua visita quotidiana alla Pimpaccia (così l'avevano soprannominata i romani), vide il progetto e decise di commissionare l'opera al Bernini, che aveva fino a quel momento scartato, perché era stato l'architetto favorito del suo precedessore, Urbano VII° Barberini: e tra i Pamphily e i Barberini le ostilità, prima velate, poi esplicite (Innocenze X° tentò di espropriarli di tutti i loro beni e di espellerli definitivamente da Roma), erano state sempre fortissime.

Insomma, si può dire che Olimpia sia stata l'ispiratrice segreta (ma poi nemmeno tanto), del piano urbanistico concepito da Innocenzo X°, e che, da Piazza Navona al Gianicolo, dove l'Algardi costruì per i Pamphily il delizioso Casino di recente restaurato, contribuì ad accrescere lo splendore di Roma e l'egemonia universale del papato nel momento in cui esso attraversava invece una grave crisi politica, Ovviamente, la Storia, quella con la esse maiuscola, concede a Olimpia, come altre sia pur rare donne cui riuscì, di "ideare", il progetto urbanistico di una città (si veda il caso di Ginevra Bentivoglio a Bologna), soltanto il ruolo dell'intrigante, femminista, fastidiosa "eminenza grigia", alle spalle del proprio uomo: rè, signorotto o Papa. E maggiore è lo scandalo sollevato da tali comportamenti femminili, più chances hanno, le "malvagie",comprimarie dello spettacolo del potere, di restare nella memoria storica, o addirittura come nel caso di Olimpia di trasferirsi nella leggenda.

La fama di Olimpia, senza dubbio, è stata salvaguardata, nel corso dei secoli, dal mito delle sue nefandezze.

Pare che abbia avuto anche un figlio, Camillo, dal cognato monsignore, quando tutta la famiglia Pamphily, si trasferì a Napoli, per seguire Gianbattista, nominato nunzio apostolico presso il viceré spagnolo.

Il figlio, comunque, fu attribuito al marito e lo diseredò quando egli osò sfidarla sposando Olimpia Aldobrandini, che alla mamma non piaceva affatto.

Si racconta pure che la Pimpaccia, non contenta di aver gestito in prima persona potere e ricchezze dello Stato Pontificio (e la statua di Pasquino recitava: "chi è persona accorta corre da donna Olimpia a mani piene e cioè che vuole ottiene. E' la strada più larga la più corta"), finì col derubare il povero Innocenzo X°, in agonia, delle casse d'oro nascoste sotto il suo letto.

Si racconta infine che la Pimpaccia riscuotesse personalmente le tasse dei bordelli; ma almeno, senza ostentare false pruderie da signora virtuosa, lei dava protezione alle prostitute, portandosele dietro in carrozza nei cortei solenni.

Da "il Giorno" - Adele Cambria

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